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sabato 14 novembre 2009

INCONTRI LUCCA 2009: ANTONIO SERRA E "GREYSTORM" 2/2

Greystorm02E rieccoci (in lievissimo ritardo) con la seconda parte della relazione sull'incontro dedicato alla nuova miniserie bonelliana Greystorm.
Come avrete già potuto notare, e come vedrete anche in questo post, pur non avendo preso appunti credo che la memoria mi sia ampiamente venuta in soccorso... ^_-
Sono in ogni caso a disposizione di chi, presente all'incontro (pubblico, ma anche i diretti interessati), volesse smentire le mie affermazioni o aggiungere qualche precisazione al riguardo. Ed ora... si riparte!

Come detto, l'ispirazione letteraria deve la sua origine ad aspetti della realtà di quegli anni a noi poco noti. L'ispirazione grafica, di conseguenza, deriva da un certo tipo di illustrazione esistente a quel tempo. Quello che Gianmauro Cozzi ha fatto, oltre a produrre gli studi per tutti i mezzi meccanici utilizzati, è stato di “istruire” lo staff di disegnatori nel ricercare un tratto che per certi aspetti (tratteggi e quant'altro) ricordasse quello delle riviste e delle altre pubblicazioni di quel periodo. Sì ad una certa atmosfera cyberpunk (come qualcuno dei presenti ha ipotizzato) nei disegni, quindi, ma non a livello narrativo.

A questo proposito sono anche intervenute le due disegnatrici (Simona Denna e Francesca Palomba) che, dicendosi entusiaste del lavoro svolto, hanno evidenziato l'importanza della scelta grafica attuata. Hanno anche raccontato di come Serra abbia seguito molto attentamente tutte le fasi di preparazione delle tavole facendo notare dove certe sequenze o certe vignette andassero riviste completamente; chi disegnava si accorgeva così di come cambiasse il senso di una scena acquisendo un significato anche molto diverso ma sicuramente più aderente alla vicenda. Tutto ciò ha fornito loro ulteriore crescita professionale, e di questo sono molto grate.
Personalmente, vorrei anche fare un plauso alla scelta di utilizzare per gli albi una grafica in stile Art Nouveau (o Liberty, che dir si voglia) perfettamente in sintonia con il personaggio.

Qualcuno ha domandato se durante la creazione di una miniserie si cercasse di arrivare a nuovi lettori. “Magari!” è stato il primo commento di Serra. Purtroppo, però, i lettori di fumetti sono all'incirca sempre gli stessi, se non in calo. Ed anche se l'autore si è detto sicuro che la miniserie dovrebbe interessare molti di quelli che seguono altre serie Bonelli (persino le lettrici di Julia), difficilmente potrebbe attirare persone che normalmente non leggono fumetti. Anche se la speranza c'è sempre.

Discorso collegato a questo è quello derivato dalla domanda sul perché ormai vengano prodotte solo più miniserie ed albi speciali, in Bonelli (fatte salve le serie “storiche”). Principalmente, è stato detto, è per una questione economica. Di una serie bisogna preparare all'incirca, prima di andare in edicola, una quindicina di albi. È quindi comprensibile che, casomai già dai primi albi si avesse un flop (questo Serra ha detto di averlo ben presente, avendo creato la serie che, come dice lui stesso, ha avuto le vendite più basse di tutto l'universo: Gregory Hunter), sarebbe una vera tragedia economica. Ha citato inoltre il dato che mentre una ventina di anni fa le serie potevano anche vendere mediamente 200/250.000 copie a numero (con punte di 300/400.000 per testate come Dylan Dog), ora va già bene se del primo numero di una miniserie si vendono 25.000 copie! Serie di lunga durata come Tex o Zagor non si vedranno ancora per molti anni a venire, quindi. Anche perché le vendite di quest'ultime derivano anche e soprattutto da più generazioni di lettori.

D'altro canto, con una miniserie c'è anche la possibilità di non essere troppo ripetitivi nel tempo. E ancora, mentre in una serie regolare il protagonista deve per forza di cose sempre “cavarsela”, in una miniserie (il riferimento a Greystorm era neppure troppo velato) gli può succedere di tutto. Anche di morire alla fine della stessa. Più libertà creativa, quindi, e anche meno rischio economico da parte dell'editore. Oltretutto assicurando sempre la possibilità di riprendere il personaggio con nuove miniserie o albi speciali.

Per quanto riguarda l'origine del titolo, intanto si è preferito dare alla testata lo stesso (cog)nome del protagonista, come succede di solito in ambito bonelliano. La scelta è ricaduta su “Greystorm” solamente dopo una discussione durata circa (?) 2 anni e mezzo, durante i quali, da un elenco di nomi che si era preparato, sono andati sparendo un po' per volta quelli che nel tempo risultavano già utilizzati in altri ambiti o che per qualsivoglia ragione non potevano essere più usati. In verità, ha ammesso Serra, Greystorm è anche il nome di un mago americano che, pertanto, sperano non li citi per plagio...

L'autore si è poi detto rammaricato per averlo già chiamato Robert, in quanto, se avesse ora la possibilità di cambiargli il nome, lo chiamerebbe... “Gino”. Questo perché in questo modo i lettori lo riconoscerebbero subito come personaggio bonelliano (battuta riferita all'uso quasi scaramantico di avere testate con la doppia iniziale uguale: Martin Mystère, Dylan Dog, Nathan Never...).

Il nome “Greystorm” presenta poi altre peculiarità: è abbastanza facile da ricordare e si legge (cosa, sembra, importante in un fumetto italiano...) come si scrive. Per chi conosce l'inglese, la presenza della parola “storm”, tempesta, può essere collegata all'animo burrascoso del protagonista (che, ricordo, è di fatto il primo titolare di testata dichiaratamente cattivo in Bonelli).

Riguardo all'aspetto fisico dei personaggi della miniserie, qualcuno si è quasi meravigliato che nessuno di questi assomigliasse a qualche attore (altro riferimento ad un uso ormai quasi radicato). Serra ha orgogliosamente confermato che nessuno dei volti si rifacesse a chicchessia e che, in aggiunta, rispondendo ad altre affermazioni del pubblico, non ci fosse nessuna somiglianza col Doctor House (per via della zoppia e altre caratteristiche), ma che questa – essendo oltretutto quel telefilm non ancora, all'epoca dell'ideazione, tradotto da noi - fosse una scelta di definizione psicologica. E che non c'entrasse nulla neppure il Dottor Faust (quello a fumetti creato da Pedrocchi e Albertarelli, anche se sono stati impropriamente citati altri fumettisti da colui che poneva la domanda).

L'autore ha anche ricordato come, infine, si tratti di una serie “popolare”, e che quindi sia stata creata con l'intento di raggiungere un pubblico (sperabilmente) molto vasto. Ragion per cui le caratteristiche fisiche devono rispecchiare quello che è l'immaginario popolare. Trattandosi di un “cattivo” fuori di testa (“è pazzo! Lo dico io..." aggiunge Serra), lo ritroviamo quindi coi capelli neri, il pizzetto... e tutto ciò che serve per ben caratterizzarlo. Del resto, ha aggiunto Cozzi che non potrebbe immaginare un personaggio negativo coi capelli biondi e gli occhi azzurri. Anche se non vuol dire per forza che il pizzetto... (il disegnatore, infatti, ostentava il proprio con nonchalance).

Ultimo appunto: non vi era nessuno di Lucca Comics & Games a condurre la presentazione. Ad onor del vero, alla fine l'organizzazione si è scusata con i presenti per aver lasciato da soli gli ospiti. Serra ha però risposto che questo non era stato un problema; non mi pare infatti abbia avuto difficoltà di sorta a gestire l'incontro. Peraltro, lui stesso aveva esordito con un “chi mi conosce, sa che potrei parlare per ore. Quindi è meglio che facciate voi delle domande.”.


Quale collegamento extra-fumetto migliore di quello che sto per proporvi?

Viaggio_al_centro_della_terra_3DJules Verne scrisse “Viaggio al centro della terra” nel 1864. Nel 2008 è uscito nelle sale americane “Viaggio al centro della terra 3D” (Journey to the Center of the Earth – 3D), che da noi si è poi visto nel gennaio del 2009.

Protagonista principale di questo remake, quel Brendan Fraser che non mi aveva convinto in passato per alcuni dei suoi precedenti film, soprattutto a base di mummie (peraltro, l'ultimo della saga invece mi è piaciuto abbastanza). Ultimamente mi sono dovuto ricredere sia con questo film che col quasi contemporaneo – ed a parer mio abbastanza sottovalutato - “Inkheart - La leggenda di cuore d'inchiostro”. Quest'ultimo dovrebbe far parte (speriamo) di una trilogia, essendo tratto dall’omonimo bestseller di Cornelia Funke (edito da Mondadori).

A fianco di Fraser, oltre al giovane Josh Hutcherson, troviamo come partner femminile (del “Viaggio”), la brava (e bella, che non guasta mai) Anita Briem.

La vicenda, bene o male, la conosciamo tutti. La particolarità risiede nell'uso del 3D (molto - forse troppo - in voga, ultimamente) che dà un valore aggiunto a certe scene d'azione. Alla fine si tratta di un filmone americano pieno di effetti speciali, certo, ma non dimentichiamo quando è stato scritto il libro da cui è tratto e soprattutto che anche quello, alla fine, era un racconto creato per divertire. O non solo?

Gianpaolo.

giovedì 12 novembre 2009

INCONTRI LUCCA 2009: ANTONIO SERRA E "GREYSTORM" 1/2

Greystorm01Non ci crederete, ma a meno di una settimana dall'altro, ho pronto un nuovo post doppio! ^_-

Quest'anno Lucca è stata con me - ed anche contro le mie stesse aspettative - particolarmente generosa di nuove conoscenze e di motivi di interesse. Tra questi, nel duplice post precedente, vi ho già relazionato sulla “presentazione” che Giancarlo Berardi ha fatto di Julia (sebbene la serie già proceda senza interruzioni dal 1998!).

Oggi (e domani) vorrei soffermarmi su un altro incontro a cui ho assistito nella stessa giornata di domenica 1° novembre e che mi è parso interessante al punto da riferirvene. Purtroppo, però, nell'occasione non ho preso appunti e quindi perdonatemi se dovrò andare a memoria; dove sarò in dubbio ve lo farò sapere apponendo un "(?)".

Sto parlando della presentazione della nuova miniserie Greystorm edita dalla Sergio Bonelli Editore. Ospiti presenti, sempre presso la Sala Incontri Palazzo Ducale - Cortile Carrara –, Antonio Serra (creatore letterario del personaggio ed autore delle sceneggiature insieme a Stefano Vietti e Alberto Ostini), Gianmauro Cozzi (creatore e curatore grafico della miniserie di cui è anche copertinista) e le disegnatrici Simona Denna e Francesca Palomba, autrici tra l'altro del primo numero.

Una precisazione: contrariamente all'incontro precedente, in questo non si sono avute (che io ricordi...) anticipazioni sul futuro della miniserie. Anzi, lo stesso Serra ha ben chiarito all'inizio che si sarebbe parlato solamente del primo numero, che in quel momento era l'unico uscito. E quindi direi che non ci sia bisogno di fare attenzione ad eventuali “spoiler”. Detto questo, le cose di cui si è parlato hanno comunque una certa rilevanza.

Vorrei anche ricordare che non in terra italica, ma bensì in quel di Lugano (Svizzera italiana) si è svolta all'inizio di ottobre la manifestazione UCHRONIA COMICS CONVENTION 09 (di cui vi avevo già annunciato la mia presenza) durante la quale si era già presentata la nuova miniserie con l'intervento di Simona Denna ed Alessandro Bignamini, entrambi disegnatori, come vedremo, che hanno fornito un importante contributo a Greystorm.

Ovviamente non potrò rispettare l'ordine preciso delle domande fatte in sala. Diciamo che andrò un po' “di palo in frasca” (come del resto si è fatto con le questioni poste) cercando però di mantenere una sorta di percorso logico. Eccovi quindi quello che è venuto fuori dall'incontro.

L'idea della storia è di molto anteriore, ma solo 5 anni fa (?) Serra ha avuto l'opportunità di presentarla in Bonelli. Il soggetto che aveva preparato constava di circa 40 (?) cartelle, comprendendo già al suo interno “tutto” quanto. Una volta che il soggetto è stato approvato, si è proceduto a creare la sceneggiatura dei dodici albi (di cui l'ultimo, ricordo, di ben 240 pagine!), ricercare il materiale iconografico occorrente, comporre lo staff di disegnatori - non necessariamente in quest'ordine - e tutto il resto del lavoro che deve esser svolto per produrre anche "solo" una miniserie. La sceneggiatura finale è invece risultata essere di più di 800 pagine.

È stato chiesto se l'opinione dei lettori potrebbe influire sul corso degli eventi. Ovviamente no, com'era facile presumere. Oramai la struttura è stata da tempo decisa e, salvo qualche aggiustamento negli ultimi albi che Serra ha confermato stare ancora attuando, la vicenda è già ampiamente definita nel suo svolgimento, nella sua fine ed in quanto accadrà albo per albo.

Si è domandato se ci sarà un seguito, sotto forma di una nuova miniserie o di albi speciali (come già accaduto in passato per altre collane bonelliane). La risposta, abbastanza ovvia anche questa, è che dipenderà dal gradimento dei lettori – e quindi dalle vendite -, e che lo si potrà decidere solo molto più in là. Aggiungo io inoltre che, per come sembra essere strutturata la miniserie, e per quanto si è detto durante l'incontro, credo sarebbe molto difficile creare una nuova storia con gli stessi personaggi ed ambientarla nello stesso periodo (o poco oltre) di questa. In ogni caso, vedremo.

Ci sono state diverse “lamentele” sul fatto che il primo albo non “facesse il botto” come, in teoria, dovrebbe fare un 1° numero di una nuova testata per invogliare i lettori all'acquisto dei successivi. Serra ha però ripetutamente evidenziato il fatto che questi 12 albi formino un'unica storia. E come per ogni lungo racconto a capitoli, l'inizio è quasi sempre più lento, servendo perlopiù a presentare gli interpreti della vicenda ed il luogo (o i luoghi) dell'azione. Ha perciò chiesto la fiducia ai lettori provando ad arrivare almeno al terzo albo. Se a quel punto non ci avesse ancora convinto, amen. Ma se arrivassimo a leggere fino al quinto e poi mollassimo... cito testualmente: “sareste senza cuore!”.

Secondo l'autore, proprio in virtù di questa “storia unica”, l'ideale sarebbe comprare tutti gli albi per poi leggerli tutti insieme. Cozzi ha però fatto notare che questo vorrebbe dire aspettare un anno e quindi ha consigliato a sua volta di comprarli, leggerli una prima volta e poi rileggerli tutti di nuovo alla fine. In effetti Serra ha ammesso che questa sarebbe la soluzione che consentirebbe di essere sicuri che i lettori non si stufino di aspettare...

Le fonti di ispirazioni sono state evidentemente le avventure scritte da Jules Verne, ma anche le riviste e le pubblicazioni dell'epoca trattata in Greystorm (a cavallo tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento, quindi). A questo proposito, l'autore ha fatto una piccola precisazione proprio su Verne. A detta sua (ma si tratta di un'opinione a mio parere condivisibile) non è corretto citare questo scrittore come un precursore della fantascienza. Non si tratta neppure, la sua, di letteratura cosìddetta “d'anticipazione”. Quello che Verne narrava prendeva spunto semplicemente dalla lettura dei quotidiani e delle riviste dell'epoca, in cui – e se ne sono resi conto gli stessi Serra e Cozzi, cercandovi materiale per la storia – molti dei macchinari e marchingegni che a noi sembrano irreali per quel tempo erano effettivamente progettati e costruiti già allora.

In particolare, per le macchine volanti che Robert Greystorm utilizza in questo primo albo e che utilizzerà in seguito (vedi ad es. l'albo attualmente in edicola), sfruttando dei pannelli solari od un motore a vapore, i due creatori hanno ritrovato decine e decine di progetti che in quegli anni vennero anche di fatto realizzati e collaudati (ovviamente con esiti altalenanti). Teniamo sempre presente che molte delle sperimentazioni nacquero con l'obiettivo di ideare nuove macchine belliche: pensiamo solo a cosa voglia dire poter lanciare sul nemico una bomba dall'alto.

Il fatto poi che i fratelli Wright vengano indicati come i primi ideatori, nel 1903, di una macchina volante è – a detta di Serra - assolutamente falso. Semplicemente, furono i primi che si presero la briga di telefonare all'ufficio brevetti dopo aver portato a compimento il loro tentativo di far alzare un velivolo, anche se di molto poco (persino rispetto ad altri inventori di macchine volanti loro contemporanei). Risiede in questa loro prontezza di spirito tutta la popolarità che gli è derivata in seguito, ma non possono quindi essere considerati i soli.

Parallelamente, neppure questa di Greystorm è una storia di fantascienza. Serra non si è inventato praticamente nulla, se non logicamente la vicenda. Il protagonista arriverà a dei risultati che, se a noi sembreranno enormi e che pensiamo difficilmente potrebbero essere passati inosservati a quel tempo, rientreranno perfettamente nella Storia. O meglio, sono state sfruttate quelle “pieghe” della Storia conosciuta su cui è stato possibile intervenire senza cambiare nulla. E ancora, ha osservato l'autore, neppure di una vicenda ambientata in una realtà alternativa, si tratta. Ha anche specificato che quelle scene apparentemente estranee agli avvenimenti che si vedono all'inizio ed alla fine del primo albo, non sono irreali, ma perfettamente inserite nel corso degli eventi. Anche se dovremo aspettare un poco per capire le ragioni di questa affermazione.

[fine della prima parte. Non vi resta che tornare... domani per la seconda ed ultima! ^_^]

Gianpaolo.