sabato 14 novembre 2009

INCONTRI LUCCA 2009: ANTONIO SERRA E "GREYSTORM" 2/2

Greystorm02E rieccoci (in lievissimo ritardo) con la seconda parte della relazione sull'incontro dedicato alla nuova miniserie bonelliana Greystorm.
Come avrete già potuto notare, e come vedrete anche in questo post, pur non avendo preso appunti credo che la memoria mi sia ampiamente venuta in soccorso... ^_-
Sono in ogni caso a disposizione di chi, presente all'incontro (pubblico, ma anche i diretti interessati), volesse smentire le mie affermazioni o aggiungere qualche precisazione al riguardo. Ed ora... si riparte!

Come detto, l'ispirazione letteraria deve la sua origine ad aspetti della realtà di quegli anni a noi poco noti. L'ispirazione grafica, di conseguenza, deriva da un certo tipo di illustrazione esistente a quel tempo. Quello che Gianmauro Cozzi ha fatto, oltre a produrre gli studi per tutti i mezzi meccanici utilizzati, è stato di “istruire” lo staff di disegnatori nel ricercare un tratto che per certi aspetti (tratteggi e quant'altro) ricordasse quello delle riviste e delle altre pubblicazioni di quel periodo. Sì ad una certa atmosfera cyberpunk (come qualcuno dei presenti ha ipotizzato) nei disegni, quindi, ma non a livello narrativo.

A questo proposito sono anche intervenute le due disegnatrici (Simona Denna e Francesca Palomba) che, dicendosi entusiaste del lavoro svolto, hanno evidenziato l'importanza della scelta grafica attuata. Hanno anche raccontato di come Serra abbia seguito molto attentamente tutte le fasi di preparazione delle tavole facendo notare dove certe sequenze o certe vignette andassero riviste completamente; chi disegnava si accorgeva così di come cambiasse il senso di una scena acquisendo un significato anche molto diverso ma sicuramente più aderente alla vicenda. Tutto ciò ha fornito loro ulteriore crescita professionale, e di questo sono molto grate.
Personalmente, vorrei anche fare un plauso alla scelta di utilizzare per gli albi una grafica in stile Art Nouveau (o Liberty, che dir si voglia) perfettamente in sintonia con il personaggio.

Qualcuno ha domandato se durante la creazione di una miniserie si cercasse di arrivare a nuovi lettori. “Magari!” è stato il primo commento di Serra. Purtroppo, però, i lettori di fumetti sono all'incirca sempre gli stessi, se non in calo. Ed anche se l'autore si è detto sicuro che la miniserie dovrebbe interessare molti di quelli che seguono altre serie Bonelli (persino le lettrici di Julia), difficilmente potrebbe attirare persone che normalmente non leggono fumetti. Anche se la speranza c'è sempre.

Discorso collegato a questo è quello derivato dalla domanda sul perché ormai vengano prodotte solo più miniserie ed albi speciali, in Bonelli (fatte salve le serie “storiche”). Principalmente, è stato detto, è per una questione economica. Di una serie bisogna preparare all'incirca, prima di andare in edicola, una quindicina di albi. È quindi comprensibile che, casomai già dai primi albi si avesse un flop (questo Serra ha detto di averlo ben presente, avendo creato la serie che, come dice lui stesso, ha avuto le vendite più basse di tutto l'universo: Gregory Hunter), sarebbe una vera tragedia economica. Ha citato inoltre il dato che mentre una ventina di anni fa le serie potevano anche vendere mediamente 200/250.000 copie a numero (con punte di 300/400.000 per testate come Dylan Dog), ora va già bene se del primo numero di una miniserie si vendono 25.000 copie! Serie di lunga durata come Tex o Zagor non si vedranno ancora per molti anni a venire, quindi. Anche perché le vendite di quest'ultime derivano anche e soprattutto da più generazioni di lettori.

D'altro canto, con una miniserie c'è anche la possibilità di non essere troppo ripetitivi nel tempo. E ancora, mentre in una serie regolare il protagonista deve per forza di cose sempre “cavarsela”, in una miniserie (il riferimento a Greystorm era neppure troppo velato) gli può succedere di tutto. Anche di morire alla fine della stessa. Più libertà creativa, quindi, e anche meno rischio economico da parte dell'editore. Oltretutto assicurando sempre la possibilità di riprendere il personaggio con nuove miniserie o albi speciali.

Per quanto riguarda l'origine del titolo, intanto si è preferito dare alla testata lo stesso (cog)nome del protagonista, come succede di solito in ambito bonelliano. La scelta è ricaduta su “Greystorm” solamente dopo una discussione durata circa (?) 2 anni e mezzo, durante i quali, da un elenco di nomi che si era preparato, sono andati sparendo un po' per volta quelli che nel tempo risultavano già utilizzati in altri ambiti o che per qualsivoglia ragione non potevano essere più usati. In verità, ha ammesso Serra, Greystorm è anche il nome di un mago americano che, pertanto, sperano non li citi per plagio...

L'autore si è poi detto rammaricato per averlo già chiamato Robert, in quanto, se avesse ora la possibilità di cambiargli il nome, lo chiamerebbe... “Gino”. Questo perché in questo modo i lettori lo riconoscerebbero subito come personaggio bonelliano (battuta riferita all'uso quasi scaramantico di avere testate con la doppia iniziale uguale: Martin Mystère, Dylan Dog, Nathan Never...).

Il nome “Greystorm” presenta poi altre peculiarità: è abbastanza facile da ricordare e si legge (cosa, sembra, importante in un fumetto italiano...) come si scrive. Per chi conosce l'inglese, la presenza della parola “storm”, tempesta, può essere collegata all'animo burrascoso del protagonista (che, ricordo, è di fatto il primo titolare di testata dichiaratamente cattivo in Bonelli).

Riguardo all'aspetto fisico dei personaggi della miniserie, qualcuno si è quasi meravigliato che nessuno di questi assomigliasse a qualche attore (altro riferimento ad un uso ormai quasi radicato). Serra ha orgogliosamente confermato che nessuno dei volti si rifacesse a chicchessia e che, in aggiunta, rispondendo ad altre affermazioni del pubblico, non ci fosse nessuna somiglianza col Doctor House (per via della zoppia e altre caratteristiche), ma che questa – essendo oltretutto quel telefilm non ancora, all'epoca dell'ideazione, tradotto da noi - fosse una scelta di definizione psicologica. E che non c'entrasse nulla neppure il Dottor Faust (quello a fumetti creato da Pedrocchi e Albertarelli, anche se sono stati impropriamente citati altri fumettisti da colui che poneva la domanda).

L'autore ha anche ricordato come, infine, si tratti di una serie “popolare”, e che quindi sia stata creata con l'intento di raggiungere un pubblico (sperabilmente) molto vasto. Ragion per cui le caratteristiche fisiche devono rispecchiare quello che è l'immaginario popolare. Trattandosi di un “cattivo” fuori di testa (“è pazzo! Lo dico io..." aggiunge Serra), lo ritroviamo quindi coi capelli neri, il pizzetto... e tutto ciò che serve per ben caratterizzarlo. Del resto, ha aggiunto Cozzi che non potrebbe immaginare un personaggio negativo coi capelli biondi e gli occhi azzurri. Anche se non vuol dire per forza che il pizzetto... (il disegnatore, infatti, ostentava il proprio con nonchalance).

Ultimo appunto: non vi era nessuno di Lucca Comics & Games a condurre la presentazione. Ad onor del vero, alla fine l'organizzazione si è scusata con i presenti per aver lasciato da soli gli ospiti. Serra ha però risposto che questo non era stato un problema; non mi pare infatti abbia avuto difficoltà di sorta a gestire l'incontro. Peraltro, lui stesso aveva esordito con un “chi mi conosce, sa che potrei parlare per ore. Quindi è meglio che facciate voi delle domande.”.


Quale collegamento extra-fumetto migliore di quello che sto per proporvi?

Viaggio_al_centro_della_terra_3DJules Verne scrisse “Viaggio al centro della terra” nel 1864. Nel 2008 è uscito nelle sale americane “Viaggio al centro della terra 3D” (Journey to the Center of the Earth – 3D), che da noi si è poi visto nel gennaio del 2009.

Protagonista principale di questo remake, quel Brendan Fraser che non mi aveva convinto in passato per alcuni dei suoi precedenti film, soprattutto a base di mummie (peraltro, l'ultimo della saga invece mi è piaciuto abbastanza). Ultimamente mi sono dovuto ricredere sia con questo film che col quasi contemporaneo – ed a parer mio abbastanza sottovalutato - “Inkheart - La leggenda di cuore d'inchiostro”. Quest'ultimo dovrebbe far parte (speriamo) di una trilogia, essendo tratto dall’omonimo bestseller di Cornelia Funke (edito da Mondadori).

A fianco di Fraser, oltre al giovane Josh Hutcherson, troviamo come partner femminile (del “Viaggio”), la brava (e bella, che non guasta mai) Anita Briem.

La vicenda, bene o male, la conosciamo tutti. La particolarità risiede nell'uso del 3D (molto - forse troppo - in voga, ultimamente) che dà un valore aggiunto a certe scene d'azione. Alla fine si tratta di un filmone americano pieno di effetti speciali, certo, ma non dimentichiamo quando è stato scritto il libro da cui è tratto e soprattutto che anche quello, alla fine, era un racconto creato per divertire. O non solo?

Gianpaolo.

giovedì 12 novembre 2009

INCONTRI LUCCA 2009: ANTONIO SERRA E "GREYSTORM" 1/2

Greystorm01Non ci crederete, ma a meno di una settimana dall'altro, ho pronto un nuovo post doppio! ^_-

Quest'anno Lucca è stata con me - ed anche contro le mie stesse aspettative - particolarmente generosa di nuove conoscenze e di motivi di interesse. Tra questi, nel duplice post precedente, vi ho già relazionato sulla “presentazione” che Giancarlo Berardi ha fatto di Julia (sebbene la serie già proceda senza interruzioni dal 1998!).

Oggi (e domani) vorrei soffermarmi su un altro incontro a cui ho assistito nella stessa giornata di domenica 1° novembre e che mi è parso interessante al punto da riferirvene. Purtroppo, però, nell'occasione non ho preso appunti e quindi perdonatemi se dovrò andare a memoria; dove sarò in dubbio ve lo farò sapere apponendo un "(?)".

Sto parlando della presentazione della nuova miniserie Greystorm edita dalla Sergio Bonelli Editore. Ospiti presenti, sempre presso la Sala Incontri Palazzo Ducale - Cortile Carrara –, Antonio Serra (creatore letterario del personaggio ed autore delle sceneggiature insieme a Stefano Vietti e Alberto Ostini), Gianmauro Cozzi (creatore e curatore grafico della miniserie di cui è anche copertinista) e le disegnatrici Simona Denna e Francesca Palomba, autrici tra l'altro del primo numero.

Una precisazione: contrariamente all'incontro precedente, in questo non si sono avute (che io ricordi...) anticipazioni sul futuro della miniserie. Anzi, lo stesso Serra ha ben chiarito all'inizio che si sarebbe parlato solamente del primo numero, che in quel momento era l'unico uscito. E quindi direi che non ci sia bisogno di fare attenzione ad eventuali “spoiler”. Detto questo, le cose di cui si è parlato hanno comunque una certa rilevanza.

Vorrei anche ricordare che non in terra italica, ma bensì in quel di Lugano (Svizzera italiana) si è svolta all'inizio di ottobre la manifestazione UCHRONIA COMICS CONVENTION 09 (di cui vi avevo già annunciato la mia presenza) durante la quale si era già presentata la nuova miniserie con l'intervento di Simona Denna ed Alessandro Bignamini, entrambi disegnatori, come vedremo, che hanno fornito un importante contributo a Greystorm.

Ovviamente non potrò rispettare l'ordine preciso delle domande fatte in sala. Diciamo che andrò un po' “di palo in frasca” (come del resto si è fatto con le questioni poste) cercando però di mantenere una sorta di percorso logico. Eccovi quindi quello che è venuto fuori dall'incontro.

L'idea della storia è di molto anteriore, ma solo 5 anni fa (?) Serra ha avuto l'opportunità di presentarla in Bonelli. Il soggetto che aveva preparato constava di circa 40 (?) cartelle, comprendendo già al suo interno “tutto” quanto. Una volta che il soggetto è stato approvato, si è proceduto a creare la sceneggiatura dei dodici albi (di cui l'ultimo, ricordo, di ben 240 pagine!), ricercare il materiale iconografico occorrente, comporre lo staff di disegnatori - non necessariamente in quest'ordine - e tutto il resto del lavoro che deve esser svolto per produrre anche "solo" una miniserie. La sceneggiatura finale è invece risultata essere di più di 800 pagine.

È stato chiesto se l'opinione dei lettori potrebbe influire sul corso degli eventi. Ovviamente no, com'era facile presumere. Oramai la struttura è stata da tempo decisa e, salvo qualche aggiustamento negli ultimi albi che Serra ha confermato stare ancora attuando, la vicenda è già ampiamente definita nel suo svolgimento, nella sua fine ed in quanto accadrà albo per albo.

Si è domandato se ci sarà un seguito, sotto forma di una nuova miniserie o di albi speciali (come già accaduto in passato per altre collane bonelliane). La risposta, abbastanza ovvia anche questa, è che dipenderà dal gradimento dei lettori – e quindi dalle vendite -, e che lo si potrà decidere solo molto più in là. Aggiungo io inoltre che, per come sembra essere strutturata la miniserie, e per quanto si è detto durante l'incontro, credo sarebbe molto difficile creare una nuova storia con gli stessi personaggi ed ambientarla nello stesso periodo (o poco oltre) di questa. In ogni caso, vedremo.

Ci sono state diverse “lamentele” sul fatto che il primo albo non “facesse il botto” come, in teoria, dovrebbe fare un 1° numero di una nuova testata per invogliare i lettori all'acquisto dei successivi. Serra ha però ripetutamente evidenziato il fatto che questi 12 albi formino un'unica storia. E come per ogni lungo racconto a capitoli, l'inizio è quasi sempre più lento, servendo perlopiù a presentare gli interpreti della vicenda ed il luogo (o i luoghi) dell'azione. Ha perciò chiesto la fiducia ai lettori provando ad arrivare almeno al terzo albo. Se a quel punto non ci avesse ancora convinto, amen. Ma se arrivassimo a leggere fino al quinto e poi mollassimo... cito testualmente: “sareste senza cuore!”.

Secondo l'autore, proprio in virtù di questa “storia unica”, l'ideale sarebbe comprare tutti gli albi per poi leggerli tutti insieme. Cozzi ha però fatto notare che questo vorrebbe dire aspettare un anno e quindi ha consigliato a sua volta di comprarli, leggerli una prima volta e poi rileggerli tutti di nuovo alla fine. In effetti Serra ha ammesso che questa sarebbe la soluzione che consentirebbe di essere sicuri che i lettori non si stufino di aspettare...

Le fonti di ispirazioni sono state evidentemente le avventure scritte da Jules Verne, ma anche le riviste e le pubblicazioni dell'epoca trattata in Greystorm (a cavallo tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento, quindi). A questo proposito, l'autore ha fatto una piccola precisazione proprio su Verne. A detta sua (ma si tratta di un'opinione a mio parere condivisibile) non è corretto citare questo scrittore come un precursore della fantascienza. Non si tratta neppure, la sua, di letteratura cosìddetta “d'anticipazione”. Quello che Verne narrava prendeva spunto semplicemente dalla lettura dei quotidiani e delle riviste dell'epoca, in cui – e se ne sono resi conto gli stessi Serra e Cozzi, cercandovi materiale per la storia – molti dei macchinari e marchingegni che a noi sembrano irreali per quel tempo erano effettivamente progettati e costruiti già allora.

In particolare, per le macchine volanti che Robert Greystorm utilizza in questo primo albo e che utilizzerà in seguito (vedi ad es. l'albo attualmente in edicola), sfruttando dei pannelli solari od un motore a vapore, i due creatori hanno ritrovato decine e decine di progetti che in quegli anni vennero anche di fatto realizzati e collaudati (ovviamente con esiti altalenanti). Teniamo sempre presente che molte delle sperimentazioni nacquero con l'obiettivo di ideare nuove macchine belliche: pensiamo solo a cosa voglia dire poter lanciare sul nemico una bomba dall'alto.

Il fatto poi che i fratelli Wright vengano indicati come i primi ideatori, nel 1903, di una macchina volante è – a detta di Serra - assolutamente falso. Semplicemente, furono i primi che si presero la briga di telefonare all'ufficio brevetti dopo aver portato a compimento il loro tentativo di far alzare un velivolo, anche se di molto poco (persino rispetto ad altri inventori di macchine volanti loro contemporanei). Risiede in questa loro prontezza di spirito tutta la popolarità che gli è derivata in seguito, ma non possono quindi essere considerati i soli.

Parallelamente, neppure questa di Greystorm è una storia di fantascienza. Serra non si è inventato praticamente nulla, se non logicamente la vicenda. Il protagonista arriverà a dei risultati che, se a noi sembreranno enormi e che pensiamo difficilmente potrebbero essere passati inosservati a quel tempo, rientreranno perfettamente nella Storia. O meglio, sono state sfruttate quelle “pieghe” della Storia conosciuta su cui è stato possibile intervenire senza cambiare nulla. E ancora, ha osservato l'autore, neppure di una vicenda ambientata in una realtà alternativa, si tratta. Ha anche specificato che quelle scene apparentemente estranee agli avvenimenti che si vedono all'inizio ed alla fine del primo albo, non sono irreali, ma perfettamente inserite nel corso degli eventi. Anche se dovremo aspettare un poco per capire le ragioni di questa affermazione.

[fine della prima parte. Non vi resta che tornare... domani per la seconda ed ultima! ^_^]

Gianpaolo.

domenica 8 novembre 2009

INCONTRI LUCCA 2009: GIANCARLO BERARDI E "JULIA" 2/2

Julia134Seconda parte di questo particolare (per lunghezza e argomento) post dedicato alla serie bonelliana Julia ed al suo creatore, Giancarlo Berardi. La prima parte la trovate QUI.
Riprendiamo allora da dove avevamo lasciato con le domande del pubblico. Occhio, come sempre, al possibile “spoiler”!

Come viene raccolta la documentazione per le storie? L'autore ha frequentato per qualche tempo un corso di criminologia a Genova ed a questo va aggiunta la sua biblioteca personale che, già ampia, si è ulteriormente arricchita di 200/250 testi, perlopiù statunitensi, specifici sui vari argomenti trattati. In più, sembra che proprio in America esista una collana dedicata agli scrittori che dà indicazioni utili (leggi e quant'altro) per costruire, tra le altre, vicende del genere.
Il punto, però, come detto prima, è che le avventure di Julia sono fatte anche molto di “vita” ed è questa la vera difficoltà narrativa. Così gli capita di raccogliere in giro le emozioni che poi riporterà nelle storie.

Negli Almanacchi del Giallo viene presentata la criminologa da giovane, ancora studentessa. Potrebbe, nella serie regolare, capitare che si parli anche del suo passato e che magari in futuro si arrivi a raccontare negli Almanacchi la giovinezza sino ad arrivare alle vicende più attuali [domanda strana, invero... ^_-]? Per quanto riguarda la seconda parte, sembra che la cosa sia da escludersi. Anche perché l'autore ha immaginato queste vicende localizzate perlopiù in un ambiente come quello scolastico e con una diversa età della protagonista innanzitutto perché, con questo escamotage, può raccontare storie un po' diverse, e poi proprio perché così può affrontare vicende in cui sono presenti i problemi tipici di quel periodo della vita (era un mondo che interessava lui e sperabilmente anche i lettori). Inoltre, gli attuali comprimari non ci sono ancora tutti (tranne un Irving ancora agli inizi) e quindi cambiano anche le tipologie dei rapporti, potendo così approfondire ad esempio quelli con la nonna e con la sorella.

Finalmente siamo arrivati alla mia domanda. Approfittando della presenza di Lorenzo Calza in sala, ho chiesto come si svolge il lavoro “a quattro mani” tra Berardi e Calza o tra Berardi e Maurizio Mantero nella stesura delle sceneggiature. L'autore ha iniziato raccontando il suo incontro con Calza (di più di 10 anni fa, quando Lorenzo era ancora un semplice appassionato cui però piaceva anche scrivere qualche racconto); di come gli abbia ad un certo punto chiesto di provare a collaborare ad una storia e di come lo abbia convinto a trasferirsi dalla sua Piacenza a Genova dove avrebbe lavorato più a stretto contatto con lui. Così, da ormai 10 anni lavorano insieme. Con Mantero, invece, ci lavora già da 30 anni, dai tempi dei primi Ken Parker.

Su come procede il lavoro, Berardi ha detto che si sentono quotidianamente; che preferisce non scrivere soggetti e che invece crede molto nell'improvvisazione, che tiene lontana la noia. Bisogna tener conto che ci sono sempre in lavorazione dalle 12 alle 14 storie e che quindi c'è il tempo di parlare ogni volta di un pezzo diverso di una di quelle in preparazione.

Una volta definita a grandi linee la vicenda, si stendono i dialoghi; ci si rivede e se ne riparla, e alla fine viene mandato il tutto al disegnatore. Avendo la possibilità di un contatto diretto coi vari disegnatori, gli viene anche mandata una pagina con un abbozzo di regia.

Berardi ha anche fatto notare l'importanza del lettering nel fumetto e, cogliendo l'occasione per presentare due delle letteriste di Julia presenti in sala (purtroppo non mi sono segnato i nomi, ma a memoria erano Maria Pejrano e Marina Sanfelice), ha evidenziato come ci vogliano gusto ed intelligenza in questo mestiere: infatti non solo è importante come viene scritto il testo nel balloon, ma anche la posizione che gli viene dato all'interno della singola vignetta.

Alla domanda se fosse prevista una trasferta di Julia in Italia, l'autore ha dichiarato (guardando intanto Sergio Bonelli): <Purtroppo è prevista...>. Bonelli, di rimando, memore della “rivelazione” sull'adozione, ha testualmente detto: . Facendo anche una battuta (riferita alle strane richieste dei lettori) su quando gli chiedono di far incontrare Tex e Garibaldi a Teano.

Ovviamente, la difficoltà insita in queste trasferte in luoghi a noi così noti, sta nel rappresentare in modo adeguato le città ed i posti frequentati dai personaggi. I lettori nel tempo si sono fatti sempre più pignoli, e quindi è facile cadere in qualche errore del genere; specie quando ad esempio da un anno all'altro cambiano i sensi unici delle strade. Non a caso Garden City - la cittadina dove vive Julia - è di pura invenzione. Altra cosa, se il percorso fatto dalla protagonista nel suo viaggio tocca ad esempio Roma, Milano, Bologna e Genova (località che Berardi conosce molto bene, e quindi può parlarne con cognizione), bisognerà anche dare un senso al tragitto e programmare la consequenzialità delle varie storie. E non è sempre facile quando bisogna stare dietro alle consegne di disegnatori così diversi nelle tempistiche di esecuzione.

Mi pare che ci sia quasi tutto. Naturalmente, l'essere presente ad un incontro del genere dà un valore aggiunto impossibile da riportare in questa sede, ma spero di essere comunque risultato utile a quanti non siano potuti intervenire.
Ah, dimenticavo di dire che Julia è stata per me una serie che, pur seguendola dall'inizio, ad un certo punto - e per un certo periodo - avevo abbandonato; salvo poi recuperare in tutta fretta i (pochi) numeri mancanti e considerandola ora una sorta di immancabile buona abitudine mensile, per la perfezione delle sceneggiature e la bontà delle vicende narrate. Oltre che per le occasioni di riflessione che si possono ritrovare in questo fumetto. Questo senza piaggeria di sorta.


Scusandomi per le eventuali inesattezze nel riportare i concetti espressi dall'autore passerei al tema extra-fumettistico: può un buon scrittore di fumetti essere anche un buon romanziere?

LaCommediaèFinitaIn fondo, sempre di raccontare una qualche plausibile storia, si tratta. Questo, naturalmente, semplificando di molto la cosa. Se invece si andasse a vedere le differenze che i due media hanno, scopriremmo che la faccenda è meno semplice di quanto sembri. Eppure, ci sono degli scrittori che – con una certa continuità - hanno valicato il fosso in una direzione o nell'altra (quasi sempre ritornando a piacere sui propri passi) e che sembra si trovino a proprio agio in entrambi i mondi.

A memoria ricordo Tiziano Sclavi, Gianfranco Manfredi, Gianluigi Bonelli, Giuseppe Ferrandino, Claudio Nizzi, Paola Barbato (se sono quasi tutti in ambito bonelliano, qualcosa vorrà pur dire).
E tra gli stranieri: Neil Gaiman, Chris Claremont...
Sicuramente sto scordando qualcuno, ma non tiratemi fuori Baricco e Lucarelli, per favore. ^_-

Tra i nomi non citati c'è Lorenzo Calza che, col suo primo romanzo “La commedia è finita”, per la Robin Edizioni, prova anch'egli a fare il grande (?) passo verso la letteratura scritta. E lo fa proponendoci un noir molto particolare, ambientato in Italia, in cui si parla tra le altre cose di Cecenia, di Ruanda, di situazione politica e sociale italiana e di molto, molto altro. Da notare che la copertina e le illustrazioni interne sono realizzate da Roberto Zaghi, disegnatore di Julia. E QUI trovate un video con una minintervista a Calza.

A maggio di quest'anno, Lorenzo lo aveva presentato durante il Salone Internazionale del Libro di Torino, nello spazio Comics Park, e mi aveva subito colpito la veemenza con cui raccontava della vicenda, delle fonti di ispirazione, del perché e del percome il libro era dedicato alla memoria di certe persone (Anna Politkovskaja, Antonio Russo, Ilaria Alpi, Enzo Baldoni). Lo scrittore ci aveva inoltre fatto capire come anche nel fumetto di Julia, spesso, vengano inseriti degli spunti di riflessione più o meno evidenti su certi aspetti della realtà che ci circonda. Ecco, nel libro tutto questo lavoro è molto più esplicito.

Tra l'altro, una mia piccola ricerca in rete mi ha rivelato che “[La commedia è finita] (acta est fabula) sono le ultime parole pronunziate dall'imperatore Augusto morente. La frase viene usata anche quando si vuole indicare la fine di una situazione indesiderata che era stata creata con la prepotenza di qualcuno.”. Ed è proprio con questa frase, riportata dall'autore come modo di dire dei ceceni, che termina il libro.

Infine, per rispondere alla questione di cui sopra, personalmente credo che Calza abbia superato a pieni voti il test. A voi il piacere (leggendo il libro) di essere d'accordo o di smentirmi categoricamente.

Gianpaolo.

sabato 7 novembre 2009

INCONTRI LUCCA 2009: GIANCARLO BERARDI E "JULIA" 1/2

Ken Parker 1Vi ricordate di... Ken Parker?

Domenica 1° novembre 2009, presso la Sala Incontri Palazzo Ducale - Cortile Carrara – nell'ambito della convention fumettistica e non solo Lucca Comics & Games, si è svolto l'incontro dal titolo “Una cara, carissima amica.” , dedicato a Giancarlo Berardi; durante lo stesso, il creatore letterario di questo personaggio rispondeva alle domande del pubblico riguardanti la sua più recente creazione (beh, stiamo parlando di una serie esistente dal 1998!): la criminologa Julia Kendall.

Cosa c'entra questo con Ken Parker? Semplicemente è successo che, com'era facilmente prevedibile, la prima domanda fatta all'autore è stata proprio quella sul possibile ritorno del trapper più famoso del fumetto italiano. Io qualche appunto nell'occasione l'ho preso, e vorrei condividerlo con voi in questo specialissimo post doppio (per la seconda parte non dovrete fare altro che tornare... domani!). Occhio, però, che alcune cose dette potrebbero ricadere sotto la definizione di “spoiler”!

Partiamo quindi dall'agognato ritorno: Berardi ha ventilato un'ipotetica continuazione (e fine) della serie in un futuro più lontano che prossimo. Il problema è che si dovrebbe prima – a suo parere – ristampare l'intera collana, con quindi un ingente impegno economico per qualsiasi editore si prenda la briga di farlo. Vorrei ricordare che la casa editrice Panini, non molto tempo fa, provvedette a ristampare tutte le storie esistenti, e a quel tempo si pensava che finalmente sarebbero seguite le nuove (dis?)avventure. Cosa che purtroppo non accadde.

Sempre per l'autore, tutto sommato la saga potrebbe anche essere finita così: del resto – sempre secondo il suo pensiero – non tutte le storie devono per forza terminare con un lieto fine. Oltretutto, la serie di “Julia” gli prende molto tempo (circa 10 ore al giorno) e non ne avrebbe quindi altro per seguire Ken Parker.

Con Sergio Bonelli presente in sala, si è poi spinto a spiegare le ragioni della chiusura all'epoca della testata, giustificandola in parte con le scarse vendite (malgrado il pubblico “scelto”), pur ammettendo che l'editore (all'epoca come Cepim) non avesse mai proposto di chiudere, ma che fosse stato lui stesso a chiederlo per evitare problemi.

A quel punto, sentitosi chiamato in causa, lo stesso Bonelli è intervenuto ricordando come tutto sommato anche ora abbia delle testate che continua a pubblicare malgrado non facciano grandi numeri di vendita. E che inoltre l'unica sua “interferenza” nell'ambito della serie è stata unicamente quella di far tagliare la barba al protagonista all'inizio della vicenda (e di far cambiare il nome che era stato deciso, ha anche ricordato Berardi), ma che personalmente non avrebbe voluto vederne la chiusura. Anzi, quello che a detta di Bonelli è stato uno dei fattori determinanti è il fatto che la testata stava soffrendo della presenza di troppi disegnatori, non caratterizzandola più come si voleva.

E' anche per questo motivo che si è successivamente tentato di riprendere le vicende in un formato più grande, con diversa periodicità e foliazione, su Ken Parker Magazine, dapprima come Parker Editore (gestito direttamente da Berardi e Ivo Milazzo) e poi di nuovo come SBE. Il tutto preceduto dalle stupende storie a colori presentate sulle defunte riviste Orient Express (Edizioni l'Isola Trovata) e Comic Art (dell'omonima casa editrice).

Che possa o meno servire a Berardi nel decidere di impegnare un po' del suo tempo ancora su questo personaggio, Bonelli ha detto che non sopporta questa attuale condizione da carcerato del trapper. Preferirebbe che la si risolvesse in altro modo: che piuttosto battesse la testa in una caduta e amen. E con questa battuta si è finalmente tornati al tema dell'incontro: Julia.

Qualcuno ha espresso il suo apprezzamento per il personaggio del tenente Alan Webb, che sembra sempre sul punto di legarsi sentimentalmente con la protagonista per poi tornare mestamente alla sua vita da single. Berardi ha detto che avendo ormai Julia una psicologia molto precisa, è naturale che lei viva la sua vita in un certo modo e che ci sia anche una certa difficoltà a trovarle un compagno adatto. Ma i fan di Webb non disperino...

Altro argomento: quanto la Posta dei lettori può influire sulle vicende? Premetto che (anche se non se n'è parlato in quella sede), si è qualche volta messo il dubbio la veridicità delle lettere pubblicate, a volte – apparentemente – sin troppo perfette nei loro casi umani. Berardi, però, parlando dell'influenza quotidiana che queste missive hanno nel prosieguo delle storie, ha citato il fatto che spesso riceva lettere persino più dure e pesanti di quelle pubblicate. E che comunque, trattando il fumetto non solo di casi d'indagine ma anche della “vita” in generale, molto di quanto gli arriva dalle esperienze dei lettori diventa materia di narrazione e riflessione.

Anche Sergio Bonelli ha voluto, nell'occasione, ricordare quante lettere strane gli arrivino e come, specie con l'uscita di Dylan Dog, sembrasse quasi che si facesse a gara a descrivere la situazione personale più assurda e grave. Al punto che si chiedeva come Berardi potesse essere sicuro che quanto gli raccontassero non fosse inventato di sana pianta. L'autore ha però affermato che nel tempo gli è sorta una certa sensibilità nel riconoscere una storia plausibile da una irrealistica. E che comunque, tra rischiare di essere preso in giro ed invece sottovalutare un caso umano, preferisce crederci.

Essendo poi la vita onirica della protagonista spesso esplicitata durante il racconto, è stato chiesto quale ruolo abbia questa nelle storie. Berardi ha detto che la utilizza come un modo per scoprire anche qualcosa del suo mondo interiore, per raccontare quella parte di lei che solitamente non vediamo, per entrare nei suoi pensieri e nelle sue emozioni. In definitiva serve a renderla sempre più persona e meno personaggio.

Ricordando di un riferimento nella Posta ad un videogioco di Julia in preparazione, è stato confermato che questo sarà pronto tra non molto; che è prodotto da una delle aziende specializzate tra le migliori in Italia (con sede a Chiavari, vicino Genova); che l'autore ha partecipato alle musiche e alla produzione, ma che quando ha cercato di inserirsi nella creazione della vicenda ha scoperto che la faccenda era molto più complessa di quanto si aspettasse ed ha lasciato ai creatori del gioco libertà in quel senso.

Domanda interessante nata da voci che giravano perlopiù online: Julia avrà mai una maternità? Berardi ha affermato che lui avrebbe anche fatto vivere alla protagonista un'esperienza del genere, ma che Bonelli non voleva cambiare troppo l'assetto del personaggio. Però, definendosi malignetto e mal sopportando le “costrizioni”, aveva pensato ad un escamotage per cui lei affronterà la cosa adottando a distanza un bambino africano. E che ci sarà anche una storia (disegnata dal grande Giorgio Trevisan, forse in tempi biblici, data la sua lentezza...) in cui lei farà un viaggio in Africa per conoscerlo. Il bello è che ha anticipato la cosa anche a Bonelli, che pare non ne fosse a conoscenza. Peraltro, nel numero ora in edicola - di cui vedrete la copertina nel prossimo post -, “Cuore di mamma”, viene presa da Julia proprio questa decisione dell'adozione a distanza.

[continua e finisce nel prossimo epis... ehm... post! ^_-]

Gianpaolo.