domenica 8 novembre 2009

INCONTRI LUCCA 2009: GIANCARLO BERARDI E "JULIA" 2/2

Julia134Seconda parte di questo particolare (per lunghezza e argomento) post dedicato alla serie bonelliana Julia ed al suo creatore, Giancarlo Berardi. La prima parte la trovate QUI.
Riprendiamo allora da dove avevamo lasciato con le domande del pubblico. Occhio, come sempre, al possibile “spoiler”!

Come viene raccolta la documentazione per le storie? L'autore ha frequentato per qualche tempo un corso di criminologia a Genova ed a questo va aggiunta la sua biblioteca personale che, già ampia, si è ulteriormente arricchita di 200/250 testi, perlopiù statunitensi, specifici sui vari argomenti trattati. In più, sembra che proprio in America esista una collana dedicata agli scrittori che dà indicazioni utili (leggi e quant'altro) per costruire, tra le altre, vicende del genere.
Il punto, però, come detto prima, è che le avventure di Julia sono fatte anche molto di “vita” ed è questa la vera difficoltà narrativa. Così gli capita di raccogliere in giro le emozioni che poi riporterà nelle storie.

Negli Almanacchi del Giallo viene presentata la criminologa da giovane, ancora studentessa. Potrebbe, nella serie regolare, capitare che si parli anche del suo passato e che magari in futuro si arrivi a raccontare negli Almanacchi la giovinezza sino ad arrivare alle vicende più attuali [domanda strana, invero... ^_-]? Per quanto riguarda la seconda parte, sembra che la cosa sia da escludersi. Anche perché l'autore ha immaginato queste vicende localizzate perlopiù in un ambiente come quello scolastico e con una diversa età della protagonista innanzitutto perché, con questo escamotage, può raccontare storie un po' diverse, e poi proprio perché così può affrontare vicende in cui sono presenti i problemi tipici di quel periodo della vita (era un mondo che interessava lui e sperabilmente anche i lettori). Inoltre, gli attuali comprimari non ci sono ancora tutti (tranne un Irving ancora agli inizi) e quindi cambiano anche le tipologie dei rapporti, potendo così approfondire ad esempio quelli con la nonna e con la sorella.

Finalmente siamo arrivati alla mia domanda. Approfittando della presenza di Lorenzo Calza in sala, ho chiesto come si svolge il lavoro “a quattro mani” tra Berardi e Calza o tra Berardi e Maurizio Mantero nella stesura delle sceneggiature. L'autore ha iniziato raccontando il suo incontro con Calza (di più di 10 anni fa, quando Lorenzo era ancora un semplice appassionato cui però piaceva anche scrivere qualche racconto); di come gli abbia ad un certo punto chiesto di provare a collaborare ad una storia e di come lo abbia convinto a trasferirsi dalla sua Piacenza a Genova dove avrebbe lavorato più a stretto contatto con lui. Così, da ormai 10 anni lavorano insieme. Con Mantero, invece, ci lavora già da 30 anni, dai tempi dei primi Ken Parker.

Su come procede il lavoro, Berardi ha detto che si sentono quotidianamente; che preferisce non scrivere soggetti e che invece crede molto nell'improvvisazione, che tiene lontana la noia. Bisogna tener conto che ci sono sempre in lavorazione dalle 12 alle 14 storie e che quindi c'è il tempo di parlare ogni volta di un pezzo diverso di una di quelle in preparazione.

Una volta definita a grandi linee la vicenda, si stendono i dialoghi; ci si rivede e se ne riparla, e alla fine viene mandato il tutto al disegnatore. Avendo la possibilità di un contatto diretto coi vari disegnatori, gli viene anche mandata una pagina con un abbozzo di regia.

Berardi ha anche fatto notare l'importanza del lettering nel fumetto e, cogliendo l'occasione per presentare due delle letteriste di Julia presenti in sala (purtroppo non mi sono segnato i nomi, ma a memoria erano Maria Pejrano e Marina Sanfelice), ha evidenziato come ci vogliano gusto ed intelligenza in questo mestiere: infatti non solo è importante come viene scritto il testo nel balloon, ma anche la posizione che gli viene dato all'interno della singola vignetta.

Alla domanda se fosse prevista una trasferta di Julia in Italia, l'autore ha dichiarato (guardando intanto Sergio Bonelli): <Purtroppo è prevista...>. Bonelli, di rimando, memore della “rivelazione” sull'adozione, ha testualmente detto: . Facendo anche una battuta (riferita alle strane richieste dei lettori) su quando gli chiedono di far incontrare Tex e Garibaldi a Teano.

Ovviamente, la difficoltà insita in queste trasferte in luoghi a noi così noti, sta nel rappresentare in modo adeguato le città ed i posti frequentati dai personaggi. I lettori nel tempo si sono fatti sempre più pignoli, e quindi è facile cadere in qualche errore del genere; specie quando ad esempio da un anno all'altro cambiano i sensi unici delle strade. Non a caso Garden City - la cittadina dove vive Julia - è di pura invenzione. Altra cosa, se il percorso fatto dalla protagonista nel suo viaggio tocca ad esempio Roma, Milano, Bologna e Genova (località che Berardi conosce molto bene, e quindi può parlarne con cognizione), bisognerà anche dare un senso al tragitto e programmare la consequenzialità delle varie storie. E non è sempre facile quando bisogna stare dietro alle consegne di disegnatori così diversi nelle tempistiche di esecuzione.

Mi pare che ci sia quasi tutto. Naturalmente, l'essere presente ad un incontro del genere dà un valore aggiunto impossibile da riportare in questa sede, ma spero di essere comunque risultato utile a quanti non siano potuti intervenire.
Ah, dimenticavo di dire che Julia è stata per me una serie che, pur seguendola dall'inizio, ad un certo punto - e per un certo periodo - avevo abbandonato; salvo poi recuperare in tutta fretta i (pochi) numeri mancanti e considerandola ora una sorta di immancabile buona abitudine mensile, per la perfezione delle sceneggiature e la bontà delle vicende narrate. Oltre che per le occasioni di riflessione che si possono ritrovare in questo fumetto. Questo senza piaggeria di sorta.


Scusandomi per le eventuali inesattezze nel riportare i concetti espressi dall'autore passerei al tema extra-fumettistico: può un buon scrittore di fumetti essere anche un buon romanziere?

LaCommediaèFinitaIn fondo, sempre di raccontare una qualche plausibile storia, si tratta. Questo, naturalmente, semplificando di molto la cosa. Se invece si andasse a vedere le differenze che i due media hanno, scopriremmo che la faccenda è meno semplice di quanto sembri. Eppure, ci sono degli scrittori che – con una certa continuità - hanno valicato il fosso in una direzione o nell'altra (quasi sempre ritornando a piacere sui propri passi) e che sembra si trovino a proprio agio in entrambi i mondi.

A memoria ricordo Tiziano Sclavi, Gianfranco Manfredi, Gianluigi Bonelli, Giuseppe Ferrandino, Claudio Nizzi, Paola Barbato (se sono quasi tutti in ambito bonelliano, qualcosa vorrà pur dire).
E tra gli stranieri: Neil Gaiman, Chris Claremont...
Sicuramente sto scordando qualcuno, ma non tiratemi fuori Baricco e Lucarelli, per favore. ^_-

Tra i nomi non citati c'è Lorenzo Calza che, col suo primo romanzo “La commedia è finita”, per la Robin Edizioni, prova anch'egli a fare il grande (?) passo verso la letteratura scritta. E lo fa proponendoci un noir molto particolare, ambientato in Italia, in cui si parla tra le altre cose di Cecenia, di Ruanda, di situazione politica e sociale italiana e di molto, molto altro. Da notare che la copertina e le illustrazioni interne sono realizzate da Roberto Zaghi, disegnatore di Julia. E QUI trovate un video con una minintervista a Calza.

A maggio di quest'anno, Lorenzo lo aveva presentato durante il Salone Internazionale del Libro di Torino, nello spazio Comics Park, e mi aveva subito colpito la veemenza con cui raccontava della vicenda, delle fonti di ispirazione, del perché e del percome il libro era dedicato alla memoria di certe persone (Anna Politkovskaja, Antonio Russo, Ilaria Alpi, Enzo Baldoni). Lo scrittore ci aveva inoltre fatto capire come anche nel fumetto di Julia, spesso, vengano inseriti degli spunti di riflessione più o meno evidenti su certi aspetti della realtà che ci circonda. Ecco, nel libro tutto questo lavoro è molto più esplicito.

Tra l'altro, una mia piccola ricerca in rete mi ha rivelato che “[La commedia è finita] (acta est fabula) sono le ultime parole pronunziate dall'imperatore Augusto morente. La frase viene usata anche quando si vuole indicare la fine di una situazione indesiderata che era stata creata con la prepotenza di qualcuno.”. Ed è proprio con questa frase, riportata dall'autore come modo di dire dei ceceni, che termina il libro.

Infine, per rispondere alla questione di cui sopra, personalmente credo che Calza abbia superato a pieni voti il test. A voi il piacere (leggendo il libro) di essere d'accordo o di smentirmi categoricamente.

Gianpaolo.

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